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Informazioni generali | La riforma protestante in Inghilterra





La Riforma, dato che ammetteva il divorzio, si propagò velocemente in Inghilterra.

Enrico VIII infatti voleva divorziare da Caterina d'Aragona per sposare Anna Bolena; ma era sposato da vent'anni, aveva sei figli e, come se ciò non bastasse, Caterina d'Aragona era zia di Carlo V, di cui il papa Clemente VII aveva bisogno, per cui il divorzio non fu concesso. Nel settembre 1530 viene dichiarato valido il matrimonio tra Enrico VIII e Anna Bolena: il re si fa proclamare capo della chiesa d’Inghilterra, un gruppo di teologi annulla il suo primo matrimonio e lui sposa Anna che, tre anni dopo, dà alla luce la futura regina Elisabetta. Anna ha poi un aborto, un altro figlio nasce morto, e poiché non ha più figli viene dichiarata infedele, vengono esibite le prove che ha avuto una serie di amanti e 26 Pari, tra i quali suo zio, la condannano a morte. Le succedono altre quattro mogli: la prima muore durante il parto, la seconda viene ripudiata, la terza è condannata a morte e la quarta resta sul trono. Bisogna dire che la condotta di Enrico VIII si può spiegare in parte con il fatto che era affetto da sifilide cerebrale. Ecco così un re che, volendo una libertà sessuale assoluta, fece perdere ogni libertà ai suoi sudditi... e la testa a uno dei suoi successori, 100 anni dopo la sua morte.

La riforma protestante, in effetti, trasformatasi in puritanesimo sotto il regno di Elisabetta, prima combatté i rituali ancora rimasti della chiesa cattolica, poi anche costumi e tutto quanto riguardava il sesso in particolare. Il puritanesimo non è la proibizione del piacere sessuale, ma il senso profondo di una responsabilità di fronte alla propria coscienza; la pura e semplice repressione è superata per far posto a un giudizio preliminare, reale e prospettico, che consideri i desideri, le intenzioni, le sensazioni. Se si trattasse soltanto di reprimere, questo potrebbe essere come in altre circostanze una questione di legge, di codice, di società. Ma il puritanesimo condanna la spontaneità e introduce il calcolo nei comportamenti psicofisiologici più naturali. Da questo derivano due conseguenze: l'assenza di attrazione vera verso l'altro (poiché è solo un peccatore, per definizione contagioso) e la tendenza a caratterizzare ogni cambiamento come una intollerabile ribellione. Al limite, poiché spinge a credere nella cattiveria originaria e poiché forza l'uomo a una lotta continua e inumana contro se stesso, il puritanesimo termina spesso con la rovina dell'equilibrio psichico, che solo la rinuncia aggressiva alla regola morale può scongiurare.

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