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Approfondimenti | Il sesso negato





di Carlo Calcagno
divisione urologica, ospedale San Carlo (Genova-Voltri)


Impotenza. Storia di un'ossessione
Mimesis Edizioni, 2012

Se sapevi, ripeto, che da un certo tempo almeno, quell’animale che Dio ci diede per nostro tormento cascava in ginocchio quando avrebbe dovuto stare dritto e, insomma, andava stramazzando più del giusto perché….sei andato a cacciarti fra queste cento messe, voglio dire ad affrontare un matrimonio, e che matrimonio!


In una sequenza memorabile nel finale del film “Il bell’Antonio” (1960), diretto da Mauro Bolognini e liberamente tratto dall’omonimo libro dello scrittore siciliano Vitaliano Brancati, pubblicato nel 1949, il vecchio attore francese Pierre Brasseur nelle vesti di Alfio Magnano, padre del “bell’Antonio” interpretato da un Marcello Mastroianni nel pieno del suo fulgore, muore nel letto di una prostituta stringendo a sè una scarpa femminile, stroncato forse da un infarto dopo una furiosa notte di sesso per mostrare al mondo cosa è ancora in grado di fare tra le lenzuola “il gonfalon selvaggio” di un uomo della famiglia Magnano. Alfio Magnano, esponente di una schiatta di veri maschi siciliani, forse cerca anche la morte che lo faccia sfuggire all’ignominia per lui più offensiva e lava a suo modo il proprio onore e quello della famiglia infangato dall’accusa infamante, e per lui inverosimile, di impotenza sessuale rivolta al figlio, per la quale il bell’Antonio è stato abbandonato dalla bellissima moglie Barbara Puglisi, Claudia Cardinale, dopo tre anni di matrimonio e quest’ultimo annullato per mancata consumazione.

La vicenda di questo film e del romanzo da cui è stato tratto potrebbe essere davvero considerata come un significativo compendio di tutto ciò che gravita intorno all’ossessione maschile circa la propria potenza sessuale: la virilità offesa, il senso di umiliazione e di solitudine che assale un uomo impotente, il maschio descritto forse nel suo stereotipo più retrivo e forse molto italico di latin lover e di stallone, la complessità delle relazioni sessuali ed affettive tra esseri umani dove un uomo, invidiato e considerato da tutti uno sciupafemmine, è innamorato a tal punto da non riuscire a consumare il matrimonio per una forma di amore idealizzato verso la propria donna ma, nello stesso tempo, risulta capace di ingravidare la giovane domestica di casa Magnano con la quale convolerà a nozze riparatrici annunciate con orgoglio dalla madre Rosaria a tutta Catania e dimostrative finalmente della sua potenza di vero maschio. In realtà Antonio, ancora perdutamente innamorato di Barbara, resterà per sempre aggrappato al ricordo struggente di sua moglie rimanendo scettico sulla sua “guarigione”. Gesualdo Bufalino ha detto: "un pene innamorato è spesso balbuziente".

Il tema dell’amore romantico e spirituale che sfocia in impotenza psicologica fu già tratteggiato da una donna, Claire de Duras, ne Olivier o Il segreto (1822) , nel quale, prendendo spunto dalla vicenda personale della propria figlia minore andata in sposa con il marchese de Custine, la de Duras descrive l’infelice vicenda coniugale di Louise e Olivier minata dall’impotenza di quest’ultimo. Stendhal nel suo primo romanzo, Armance, (1827) trasse ispirazione da Olivier o Il segreto e il protagonista di Armance, Octave, innamorato e ricambiato dalla cugina Armance, non riesce a materializzare la sua passione romantica pur avendo rapporti sessuali con prostitute e finisce, dopo essersi sposato, per partire alla volta della Grecia insorta contro i Turchi e, fingendosi malato, si suicida sulla nave con una soluzione di oppio e digitale da lui stesso preparata. Non tutti concordano che Octave si riferisse alla propria impotenza quando disse ad Armance: “Sono un mostro” anche se esiste una lettera a Prosper Merimèe del 23 dicembre 1826 in cui lo stesso Stendhal fa riferimento specifico all’impotenza di Octave e tale fu l’interpretazione datane da Andrè Gide nel suo commento ad Armance.

Nell’Ottocento non era decoroso parlare apertamente di impotenza sessuale o, peggio, di come l’impotenza potesse mascherare un’omosessualità latente. Per tale motivo Claire de Duras non pubblicò mai Olivier o Il segreto che circolò clandestinamente solo in certi salotti di Parigi e Stendhal non fece mai riferimento diretto in Armance all’impotenza sessuale di Octave. Il tema dell’omosessualità latente che si manifesta nell’impotenza nevrotica per le imposizioni e le costrizioni dei ruoli sociali costituirà non solo uno dei contributi della dottrina psicoanalitica di Freud ma segnerà anche il debutto di colei che diventerà una grande protagonista della scena letteraria del Novecento, Marguerite Yourcenar, che nel 1929 in Alexis o il trattato della lotta vana, descrive sotto forma di una lunga lettera l’abbandono della moglie e di una vita falsa da parte di Alexis dopo la sua “lotta vana” contro la propria omosessualità: “C’è un sollievo al fondo di ogni grande impotenza.”

L’erezione, il potere procreativo, la capacità di penetrare una donna e di compiere l’atto sessuale da parte di un uomo secondo una monolitica concezione fallocentrica ne hanno definito senza resti la mascolinità e l’identità di genere almeno fino al XX secolo quando le cose in campo sessuale si sono via via complicate (o chiarite?) e la totale sovrapposizione fra potenza sessuale, identità di genere e mascolinità è andata svanendo sotto i colpi portati negli anni Cinquanta dal sessuologo americano Alfred Kinsey che ha ridefinito e gradualizzato i comportamenti sessuali umani e dalla rivoluzione sessuale degli anni Sessanta.

Come sottolinea lo psichiatra e sessuologo francese Philippe Brenot, “l’impotenza è molto più che un semplice sintomo corporeo, essa ha a che fare con la perdita di identità, ferisce crudelmente la nostra nozione del sé e pone gravi domande sul nostro futuro”. In modo speculare, la potenza sessuale non rappresenta solo un evento fisiologico appagante e portatore di autostima nella vita di un uomo ma ne definisce spesso anche la forza personale e si associa alla posizione sociale e al potere economico e politico. La storia ci ha mostrato innumerevoli esempi di questa sorta di simbiosi e di attrazione fatale tra sesso e potere: il potere favorisce il sesso, il sesso spesso è una delle porte per arrivare al potere e al successo. Cleopatra fece tremare Roma seducendo Giulio Cesare e poi Antonio dai quali ebbe tre figli; nella Roma pontificia molti destini papali furono decisi tra le lenzuola da donne spregiudicate assetate di potere come Marozia o Lucrezia Borgia, per non parlare delle favorite della corte di Francia come Madame de Pompadour o Madame du Barry o delle concubine del Celeste Impero. Niente di nuovo sotto il sole! Vittorio Emanuele II ospitava la sua amante, la “bella Rosina”, in una delle sue svariate tenute di caccia ma a corte era un continuo andirivieni di ragazze, definite “le graziose emigranti” e il re non disdegnava neppure i fienili di compiacenti contadine dai fianchi generosi per la sua “colazione del gallo”; quando non aveva materia prima a disposizione si aggirava come un toro per le stanze della reggia di Venaria gridando nella notte avido di sesso al suo aiutante "Una fumna, una fumna!" Le numerose amanti del duce Benito Mussolini e le donne che gli venivano portate ogni giorno in pasto come ad un moderno Moloch a Palazzo Venezia assomigliano un po’ tristemente alle ballerine della corte craxiana e alle odierne “escort” di Palazzo Grazioli. Frank Sinatra faceva arrivare carne fresca da un’entrata secondaria della Casa Bianca per quell’insaziabile erotomane del Presidente Kennedy mentre Bill Clinton alla scrivania si dilettava in “pratiche non ortodosse” direttamente tra le compiacenti pareti dello studio orale, ovale scusate, con una sua giovane stagista.

Scriveva Romain Gary: “Era solo al mondo. Tutto poteva andare in malora: non gli tirava più. Due occhi in cui il panico e un rancore infinito si condensavano in una luce vitrea”. Così lo scrittore russo-ebreo, marito dell’attrice Jean Seberg e morto suicida a Parigi nel 1980, ne il romanzo Biglietto scaduto”(1975), descrive con lucidità questi momenti e ha rappresentato uno degli esempi più realistici e più crudi dell’ossessione maschile nei riguardi del proprio declino fisico e sessuale, del tradimento del proprio corpo, coincidente in questo caso con la perdita del potere economico in una società come la nostra dominata dai miti della giovinezza eterna e della bellezza rinnovabile, modellata instancabilmente dagli scultori della chirurgia estetica e dal binomio eterno tra eros e potere.  Come ha detto Roberto Gervaso "all’ uomo di potere la donna perdona anche l’impotenza."

Se il comportamento sessuale umano fosse fondato solo su base genetica, il maschio, al pari di molte altre specie animali, cercherebbe la femmina solo in alcuni momenti dell’anno legati al periodo fertile femminile allo scopo di riprodursi e consentire la propria perpetuazione. Sempre secondo questa idea anche i rapporti sessuali tra gli umani sarebbero rimasti cristallizzati nelle ere storiche ed una relazione sessuale sarebbe stata la stessa nell’antica Roma, durante il Medioevo e all’epoca di Internet e di “Sex and the City”. Una coppia di coniugi nel regno di Carlo Magno o nelle campagne fiamminghe nel XVII secolo avrebbe condiviso le proprie aspettative in tema di sessualità di una coppia odierna cresciuta tra contraccezione, diritto femminile al piacere e pornografia gratuita dilagante.

Se siete d’accordo su una visione deterministica e astorica del comportamento sessuale umano la lettura di questo libro risulterà forse deludente. Altrettanto, se credete che l’erezione per il maschio sia una sorta di prodigio idraulico in cui lo scopo del pene eretto sia quello di mantenere una sufficiente rigidità per entrare in un oscuro canale e deporvi una certa quantità di liquido seminale, ovviamente nella canonica posizione “del missionario”. A suo tempo, avreste confinato il dottor Freud nell’anonimato ed oggi avreste destinato gli attuali produttori del Viagra e simili a concepire e a smerciare impersonali molecole contro il raffreddore o la diarrea.

Se, al contrario, pensate che le vicende legate al comportamento sessuale umano siano condizionate da una ampia ed imprevedibile serie di fattori fisici, ambientali, sociali, culturali questo saggio potrebbe forse interessarvi. Prioritario tra tali fattori è proprio la complessità biologica umana che, in tema di sesso, fa oscillare l’uomo tra la razionalità e la facoltà inibitoria della neocorteccia cerebrale di Homo Sapiens e la visceralità del sistema nervoso più ancestrale, l’archicorteccia, responsabile delle emozioni e dei bisogni umani più profondi e primordiali quali la paura, la fame, il desiderio sessuale e sede dei sensi più primitivi quali l’olfatto e il gusto.

Lo scontro eterno tra natura e cultura nelle loro parabole sinuose e solo talvolta coincidenti fra loro all’interno della società trova così in ogni singolo uomo l’ideale terreno di autoscontro, “la tempesta perfetta” tra educazione ed istinto, tra norme sociali e libertà sul proprio corpo, tra dovere e piacere. Freud aveva descritto lo scontro tra le pulsioni dell’Es, l’inconscio, e la rappresentazione psichica delle norme, il Super-Io. Nell’occidentale “disagio della civiltà” Freud aveva adombrato una forma di impotenza collettiva pegno inevitabile da pagare all’osservanza delle leggi e delle norme sociali. E’davvero difficile credere che tutto questo abbia a che fare solo con l’atto riproduttivo e il mantenimento della propria specie.

Nella nostra cultura sessuale abbiamo avuto ed abbiamo scelto castità e pornografia, misticismo e bordelli, tecniche contraccettive e gravidanze delegate, hot-line e drastiche censure mediatiche, guerre sante condotte con circoncisioni e clitoridectomie contro la masturbazione e tecniche chirurgiche per ampliare il pene o rimodellare i genitali femminili, transessuali e anacoreti, regole e rivoluzione sessuale, Erica Yong e i Padri della Chiesa, Dio e il demonio. Tutto e il suo contrario.

Come scrive lo storico inglese Lawrence Stone “gli esseri umani sono animali che pensano: sono guidati da codici morali e dal timore della collera divina, e consumati dal senso di colpa e dalla vergogna…Per questo essi sono riusciti ad erigere attorno alle semplici operazioni fisiologiche atte alla riproduzione della specie alcune delle più bizzarre, complesse costruzioni di precetti morali, religiosi e medici e di tabù dell’intera storia dell’umanità.” Anche perché, aggiungo, un atto sessuale è diventato ormai raramente “una semplice operazione fisiologica atta alla riproduzione” ma continua ad essere un evento che mette comunque in relazione una persona con un’altra con delle inevitabili conseguenze sul piano psichico, sociale e culturale nella vita di un individuo in ogni epoca storica e a qualunque latitudine.

Prima di arrivare a parlare però di impotenza sessuale, sarà necessario (ed inevitabile) capire allora qualcosa di più sul comportamento sessuale degli esseri umani e di come il sesso e il desiderio ad esso legato siano stati segnati nel corso della storia dell’evoluzione umana e nelle varie civiltà da un’alternanza di atteggiamenti opposti, forse nemmeno esito consapevole di oscillanti politiche repressive e di liberazioni sessuali ma di una costante negoziazione, di una lotta umana tra norme sociali e istinti individuali, tra ordine e caos. Il sesso non è qualcosa di prestabilito, di fisso ed immutabile nel tempo ma il compromesso fra parti, interessi e concezioni contrapposte. Basti pensare alla storia dell’omosessualità maschile: dalla pederastia della Grecia classica come itinerario spirituale di iniziazione di un adolescente al processo ad Oscar Wilde e alla persecuzione nazista degli omosessuali o alla storia della masturbazione, esecrata e combattuta a colpi di circoncisioni profilattiche e clitoridectomie all’alba dell’Illuminismo e per tutto l’Ottocento, definita invece dallo psichiatra ungherese Thomas Szasz nel 1946 come “attività sessuale primaria dell’umanità” o, più recentemente da Woody Allen, come “fare l’amore con qualcuno che stimate veramente” fino alla pubblicità nel 1995 del “Mese Nazionale della Masturbazione”da parte del sexy-shop californiano Good Vibrations e alla vendita di raffinati vibratori per tutti i gusti ed esigenze.

Nelle varie società in ogni epoca storica sono esistiti ed esistono codici, comportamenti, regole in tema di sessualità che sono stati imposti per incanalare e controllare il flusso potente ed irriducibile del sesso vissuto senza limiti che, simile ad un fiume carsico, scorre da sempre sotto la superficie sociale per riemergere prepotente e senza argini. Dalle società tribali africane dove la sessualità femminile è stata sempre rigidamente regolamentata dalle mutilazioni genitali all’Inghilterra vittoriana, nella quale si coprivano in segno di pudicizia perfino le gambe dei pianoforti fino alla nostra società odierna fondata, almeno fino a poco tempo fa, sulla solidità dei nuclei famigliari e sui legami monogamici, il sesso è stato “sorvegliato e punito” come direbbe Michel Foucault. Ma è altrettanto vero che la linea della trasgressione sessuale è stata costantemente oltrepassata in ogni epoca e in ogni sua variazione. Il comandamento “non fornicare” non è stato seguito da Giacomo Casanova, dal marchese de Sade né dai libertini e l’adulterio, descritto da Boccaccio e Chaucer, è sempre esistito da Ginevra e Lancillotto a Paolo e Francesca; ai “libri penitenziali” sono stati contrapposti i libri proibiti come l’Histoire de Dom Bougre, portier des Chartreux, custodito insieme ad altre opere proibite nell’ “Inferno” della Biblioteca Nazionale di Parigi; i detti dei Padri del deserto non hanno impedito la masturbazione e il sesso orale; la posizione “del missionario”, l’unico modo per fare sesso consentito dai Padri della Chiesa perché il più favorevole alla procreazione (NOTA), è solo una delle varianti possibili nel libro del Kamasutra, il testo indiano sul comportamento sessuale umano e gli afrodisiaci sono stati ricercati con avidità dagli uomini di ogni tempo.

Non esiste, né può esistere, una storia naturale del sesso. Si è sviluppato ed esiste, al contrario, un vasto corpo dottrinario, “un discorso” di come il sesso dovrebbe essere non secondo la spontaneità dei corpi e dei desideri individuali ma secondo la religione, la famiglia, le regole, le concezioni culturali vigenti di ogni epoca che cristallizzano i comportamenti sessuali, fanno assurgere a regola e a comportamento “naturale” la propria concezione del sesso considerando perversione o devianza ogni altra condotta, giudicano un comportamento sessuale anche secondo la posizione sociale e il potere delle persone. Se Benito Mussolini anziché ogni giorno avere un rapporto sessuale con una donna diversa (er duce se faceva la su bella zaganella, come sosteneva Navarra portiere di Palazzo Venezia, in un salottino adattato all’uso attiguo alla sala del Mappamondo **Fusco22) fosse stato bisessuale come Giulio Cesare, che venne definito “la regina di Bitinia” per la sua relazione omosessuale con il re di Bitinia Nicomede IV o come l’imperatore Adriano, che fece erigere innumerevoli monumenti funebri in tutto l’impero in ricordo del suo amante Antinoo annegato nelle acque del Nilo, non sarebbe stato considerato ieri, e forse anche oggi da parte di qualche suo moderno epigono, il simbolo del vero maschio italico seduttore instancabile di donne ma un semplice “frocio”. L’omosessualità di Rudolph Nureyev sarebbe stata accettata a suo tempo se il ballerino russo fosse stato una persona qualsiasi o si sarebbe in pratica consentito al regista franco-polacco Roman Polanski di avere rapporti sessuali con una minorenne e con l’ausilio di stupefacenti arrestandolo solo dopo trenta anni in una vicenda che ha diviso l’opinione pubblica?

Non esiste e non può esistere una storia “normale” del sesso perché non si conosce ciò che può essere considerato normale in questo campo. Quando una persona può definirsi “normale” nella sua attività sessuale? Nonostante la straordinaria importanza e centralità del sesso nella vita delle persone che cosa può essere considerato normale nel sesso? E che cosa allora è patologico? Normale equivale a “naturale” nel sesso e che cosa allora è naturale? Che cosa è una sessualità naturale? Coincide forse con la procreazione, con la morale corrente, con la tradizione, con le norme sociali? Non solo le regole sociali cambiano da cultura a cultura e da società a società ma anche nell’ambito di una stessa forma sociale si modificano nel tempo. Era ipotizzabile cinquanta anni fa che la televisione avrebbe trasmesso spettacoli pornografici o che i rapporti prematrimoniali avrebbero costituito la norma? E’immorale la poligamia islamica o di altre culture? Sono innaturali le unioni omosessuali? Ciascuno di noi ha una vita sessuale, ognuna molto diversa dall’altra, irripetibile nella sua unicità e che corre sul doppio binario dell’erotismo. e della sua repressione.

Aprendo un qualunque manuale di sessuologia si vedrà come le prime pagine sono dedicate quasi sempre all’anatomia e alla fisiologia e come questo dovrebbe inevitabilmente condurre un essere umano ad una “normale” eterosessualità. “L’anatomia è il destino” affermava Sigmund Freud in un suo celebre aforisma ma perché allora l’omosessualità, la bisessualità, i trans gender, i travestiti e il loro successo nel mondo dei “normali” eterosessuali? La biologia dei nostri corpi non può essere slegata da un contesto sociale e dalle sue aspettative, non può non essere modellata e modificata dall’evoluzione culturale e dalla tecnologia. Non esiste un corpo biologico universale che trascende cultura e storia. Come sottolinea la psicoterapeuta Leonore Tiefer, le persone aderiscono ai modelli di sessualità proposti principalmente per un bisogno di conformità sociale ma il sesso “non è un atto naturale” come sostenevano Masters e Johnson negli anni cinquanta. Perché l’atto sessuale tra due esseri umani, così apparentemente “naturale”, in realtà rappresenta la stratificazione di significati culturali e di “discorsi” intorno al sesso accumulati nel corso dell’evoluzione umana, incarna l’adesione a modelli comportamentali vigenti e a norme imperanti, contiene in sé enormi aspettative e speranze soggettive spesso diverse tra i due partner.

Lo storico americano Jonathan Ned Katz sostiene, per esempio, che l’eterosessualità è anche una costruzione sociale e storica così come l’omosessualità e cita come paradigma l’evoluzione del termine eterosessualità. Nel 1901 secondo il Dizionario Medico Dorland l’eterosessualità definisce “l’anormale o pervertito appetito verso l’altro sesso”. Nel 1923 il Dizionario Webster definisce eterosessualità “la morbosa passione sessuale per un soggetto dell’altro sesso”. Solo nel 1934, nella seconda edizione dello Webster, il termine eterosessualità viene ad acquistare il significato moderno: “manifestazione della passione sessuale per soggetto dell’altro sesso, sessualità normale”. La parabola è finalmente compiuta e l’eterosessualità assurge al rango di norma.

Occorrerà quindi fare un lungo salto storico all’indietro in una sorta di genealogia del sesso per cercare di comprendere quelli che sono i nostri attuali comportamenti e perché sono proprio così. E come, secondo Michel Foucault, “questi comportamenti sono diventati oggetti di sapere? Come, cioè per quali vie e per quali ragioni, si è organizzato questo campo di conoscenza che, con una parola recente, chiamiamo la “sessualità?” E ancora, esiste qualcosa o qualcuno che abbia avuto o ha il monopolio della verità sui nostri corpi? Come vedremo, l’organizzazione di questo sapere sessuale sta diventando oggetto non solo e non più di semplici codici morali, di dettami sociali o di precetti religiosi ma, molto più prosaicamente, terreno fertile di una medicalizzazione del sesso già ampiamente in atto in tema di sessualità maschile e, ormai, anche per ciò che riguarda quella femminile.

Gli atteggiamenti sociali, culturali e medici verso quello che può considerarsi un tema importante e ricorrente della sessualità umana come l’impotenza hanno risentito e risentono del clima storico nel suo senso più esteso inserendosi in quelli che sono stati e sono considerati i modelli (presunti) di mascolinità e di potere maschile all’interno della società. Senza dubbio l’impotenza è stata vissuta in modo differente quando la si attribuiva al malocchio, alle streghe o alla masturbazione rispetto alla odierna epoca tecnologica dominata da “Mr Blue” come viene famigliarmente definito il Viagra e dal desiderio (e dall’ansia) della prestazione eccezionale anche in campo sessuale.

L’uomo fin dagli albori ha intrattenuto con il proprio pene un rapporto speciale e ne è stato da sempre condizionato in termini di dimensioni, di rigidità e di durata del rapporto. Il pene da sempre non può essere considerato una parte anatomica come altre. Alberto Moravia ne ha segnato i contorni nel suo surreale “Io e lui” dove, in un freudiano “disagio della propria civiltà”, Federico, il protagonista, intrattiene con il proprio sesso parlante un incessante dialogo dove si scontrano le imperiose pulsioni virili e l’aspirazione ad una vita creativa e compatibile con la società.

Per segnare il valore anche, e soprattutto, simbolico della funzione di questo organo si è attribuito ad esso un termine diverso. Con pene infatti indichiamo l’organo genitale maschile a riposo; con fallo non definiamo più e soltanto l’organo in erezione ma ne definiamo anche la forza, il potere, la vitalità. Con il termine fallo si indicava nelle religioni pagane il principio generatore dell’universo e lo sperma rappresentava il fattore vitale e fertile del maschio. Nella nostra epoca del politicamente corretto ( e del vacuum semantico) il termine impotenza è stato sostituito con disfunzione erettile per intendere l’incapacità a raggiungere e/o mantenere un’erezione sufficiente a condurre un rapporto sessuale soddisfacente. Volendo sminuire l’indubbio impatto emotivo del termine si è anche però annullato il significato storico e la straordinaria importanza del pene in erezione che ha un nome specifico: il fallo. Gli stessi odierni termini di potenza sessuale ed erezione non sono casuali e stanno a significare non solo la normale funzione di un organo ma ne delineano anche il valore simbolico, i contorni psicologici e le valenze sociali.

Il pene ha una storia, come ci ricorda David Friedman, ed è stato esaltato dal culto fallico, demonizzato come “rubinetto impuro” dalla tradizione cristiana, psicanalizzato da Sigmund Freud e politicizzato dalle femministe negli anni settanta come simbolo del maschilismo più retrivo. Oggi il pene, l’erezione, la sessualità sono stati medicalizzati divenendo oggetto e territorio di conquista di mercato delle aziende produttrici di farmaci contro l’impotenza. Perfino il desiderio e il piacere femminile sono diventati temi di interesse medico e farmaceutico e si è tentato (inutilmente finora) di virare in rosa il blu del Viagra.

La medicina ha accompagnato l’uomo in questa sua ossessione e ha cercato di risolvere con i mezzi a propria disposizione in ogni epoca storica le defaillances sessuali maschili attingendo spesso a piene mani il proprio sapere prima di tutto dalla tradizione popolare e dalle pratiche magiche. La conoscenza medica, a cavallo tra Settecento e Ottocento, cominciò ad affrancarsi dai retaggi popolari e venne costituendosi un corpo dottrinario medico autonomo basato sulle crescenti acquisizioni in tema di anatomia e fisiologia. Il ruolo della medicina è andato allora sostituendosi gradualmente alla religione nella gestione della sessualità e i confini tra terapia e punizione, tra trattamento e ruolo sociale divennero indistinti. La medicina assunse sempre più rilevanza nella sessualità umana ergendosi non solo come unica depositaria del trattamento delle disfunzioni sessuali ma anche come arbitro etico della sessualità individuale ed operando una sorta di “ortopedia morale” come avvenne nella feroce lotta alla masturbazione condotta con circoncisioni e clitoridectomie di massa, marchiando moralmente le persone affette da malattie veneree, affiancando le istituzioni politiche nella correzione delle devianze sessuali come l’omosessualità o mettendo in pratica politiche apertamente eugenetiche e razziste come accadde nell’America del primo Novecento e in altri paesi europei.

Si può dire quindi che l’inadeguatezza e l’impotenza sessuale abbiano rappresentato da sempre un’ossessione maschile ed abbiano accompagnato l’uomo in ogni epoca storica. I rimedi contro l’impotenza sono antichi quanto la storia umana e hanno previsto nel corso dei secoli preghiere, incantesimi, esorcismi, pozioni, creme, trapianti di testicoli animali, vasectomie, protesi e finalmente il Viagra.

Ciò che forse non ha del tutto cancellato il Viagra, e forse non cancellerà mai, sono i pregiudizi, le credenze, gli eterni sensi di colpa e di peccato, i vapori sulfurei del diavolo che aleggiano intorno al sesso, gran parte retaggio della nostra tradizione giudaico-cristiana. Parlare di impotenza sessuale oggi significa anche trattare di una straordinaria offerta terapeutica, destinata ad ampliarsi e a migliorarsi, di una miracolosa “silver bullett” per ogni tipo di impotenza che, però, ha cancellato in qualche modo l’identità di fondo e i meccanismi della domanda che si nascondono dietro una disfunzione erettile conducendo a quella che è stata definita la “viagraficazione” delle relazioni sessuali. Soprattutto il Viagra, sancendo una sorta di schizofrenia tra il pene e il suo possessore, può far affluire maggiori quantità di sangue per ottenere un’erezione valida ma non può risolvere un disagio sessuale spesso alla base dell’impotenza o sostituire comunque una gratificante relazione affettiva e sentimentale anche se l’accesso indiscriminato alla pornografia in rete sta sviluppando una profonda distorsione del desiderio sessuale, soprattutto in età adolescenziale, per la proposta di modelli fisici e sessuali irraggiungibili e sta provocando la nascita di una sessualità solipsistica priva di relazione con la realtà psicofisica delle persone.

“L’erezione del pene è percepita in modo così assolutamente straordinario, forte da diventare analogia di qualsiasi vittoria.”
Ida Magli, antropologa

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Carlo Calcagno, nato Genova 12-11-1955.